La popolazione italiana invecchia inesorabilmente e questo pone inevitabilmente delle problematiche connesse con la salute degli anziani.
L’uso dei farmaci è pressochè inevitabile quando si parla di pazienti anziani; questa sorta di convivenza è però tutt'altro che serena per tutta una serie di criticità che rendono particolarmente difficile la gestione di questa specifica fascia della popolazione nella quotidiana pratica clinica.
Le patologie dell'anziano
La stragrande maggioranza delle patologie che colpiscono gli anziani sono essenzialmente cronico-degenerative; il notevole aumento dell’aspettativa di vita, ha inoltre ampliato il numero dì persone affette da patologie croniche multiple e trattate con regimi polifarmacologici complessi. Tali fattori rappresentano elementi chiave che incidono considerevolmente sul consumo dei farmaci e che metteranno inevitabilmentea dura prova il sistema sanitario, sia in termini di salute pubblica che (soprattutto) gestione dei costi.
Il banco salta e la salute peggiora
Ottimizzare il trattamento in presenza di condizioni di co-morbidità può essere davvero un compito estremamente complicato soprattutto in geriatria, in quanto tutti gli elementi sui quali solitamente si basano le decisioni terepeutiche (come ad esempio evidenze scientifiche, indicazioni provenienti dalle linee guida, benefici attesi, rischi previsti) in questa specifica fascia della popolazione possiedono un'utilità molto limitata; potrà sembrare paradossale, ma gli utilizzatori più assidui di farmaci, gli anziani, in realtà sono quelli meno studiati; i pazienti anziani con pluripatologie sono spesso esclusi dai trial clinici randomizzati (Rtc); ne consegue che quasi incredibilmente le evidenze che emergono da questi studi non possono spesso essere applicabili e assimilabili per questa fascia di pazienti.
La carenza di dati clinici si riflette inevitabilmente sull' utilizzo dei farmaci rimandando il tutto all'attività di sorveglianza post-marketing, con ovvi rischi per gli anziani.
Un problema di difficile soluzione
E' noto da tempo che gli anziani possono mostrare alterazioni nella risposta ai farmaci, rispetto ai soggetti più giovani; nonostante ciò, i trial clinici non includono quasi mai pazienti over 60/65 anni, anche per quei farmaci destinati alle patologie tipiche dell'invecchiamento.
La scarsa rappresentazione della fascia geriatrica negli studi clinici denuncia una palese contraddizione con le evidenze sopra discusse, tra cui l’età media della popolazione, che si è innalzata notevolmente e che include tra i pazienti più bisognosi di terapie proprio gli anziani affetti da polipatologie, con una conseguente richiesta di qualità della vita. Tra i motivi per cui la sperimentazione clinica in geriatria non sarebbe necessaria, la vasta eterogeneità dei soggetti anziani (così elevata da compromettere la generalizzabilità dei risultati), l’incapacità dei Rtc di fornire le risposte ai problemi clinici che il geriatra incontra e l'oggettiva difficoltà che gli anziani fragili incontrerebbero nel partecipare agli studi, rappresentano le giustificazioni più spesso addotte.
Ne deriva che le linee guida utilizzate in pratica medica, fondate sulle evidenze scientifiche emerse da trial clinici e meta-analisi, non sono applicabili ai pazienti geriatrici, con conseguente approccio farmacologico off label . Tale tendenza può talvolta determinare un aumentato rischio di insorgenza dì Adr inattese, che nel paziente anziano sono quasi sempre ed inevitabilmente clinicamente rilevanti.
La tendenza è diffusa sia in ambito ospedaliero sia ambulatoriale, dove le prescrizioni off label raggiungono il 37% un dato inferiore a quello di altri paesi come gli Stati Uniti, ma decisamente troppo alto.
Effetti tossici dei farmaci
Circa il 50 per cento delle morti legate all’uso di farmaci avvengono in soggetti over 60. La frequenza delle adr (reazioni avverse) è risultata più del doppio negli over 65 rispetto ai soggetti di media età. Negli Usa il 17 per cento dei ricoveri ospedalieri negli anziani è causato da Adr; e ancora, la frequenza di successivo ricovero e causa di complicanze iatrogene è sette volte maggiore negli anziani rispetto ai giovani.
Dobbiamo considerare il farmaco come un elemento che all'interno del corpo si muove interagendo con esso.
Il rischio maggiore di danno da trattamento medico può derivare da fattori endogeni responsabili del decadimento legato all’età (che influenza il profilo farmacocinetico e farmacodinamico) e da fattori esogeni legati alle terapie farmacologiche.
L’invecchiamento può infatti alterare i processi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione con conseguente ridotto tempo di svuotamento gastrico, riduzione del metabolismo di primo passaggio epatico e rallentamento nell’attivazione di primo passaggio di alcuni pro-farmaci, alterata eliminazione dei farmaci ad alta clearance epatica e riduzione della funzionalità renale della filtrazione glomerulare.
Parallelamente, l’età avanzata comporta una perdita di unità funzionali (per esempio nefroni, neuroni, alveoli) capaci di esplicare attività fisiologiche specifiche che sono caratteristiche dell’organo di cui fanno parte. Tutte queste alterazioni possono contribuire a modificare sensibilmente la risposta individuale a una dose di farmaco.
Politerapia e rischio di insorgenza di interazioni
Tra i fattori esogeni maggiormente implicati nell’aumentata suscettibilità agli effetti tossici dei farmaci negli anziani, la politerapia rappresenta sicuramente uno degli aspetti più delicati e che incide maggiormente sul fenomeno della patologia iatrogena in campo geriatrico. La metà della popolazione anziana assume dai cinque ai nove farmaci al giorno, mentre l'11% ne assume più di dieci. In totale quasi sette milioni e mezzo di italiani anziani assume quotidianamente cinque o più farmaci, 1,4 milioni ne assume dieci o più al giorno, con devastanti conseguenze dirette sull’aderenza alla terapia e sulle possibili interazioni farmacologiche responsabili di gravi reazioni avverse.
Quasi un terzo della popolazione anziana è in terapia cronica con quattro o più farmaci.
La questione è inoltre complic ata dalla presenza di condizioni croniche multiple che richiedono necessariamente trattamenti a lungo termine con regimifarmacologici molto complessi.
La preesistenza inoltre di malattie epatiche, l’induzione/inibizione enzimatica, le varianti genetiche, contribuiscono sensibilmente all’alta prevalenza di interazioni farmacologiche nei soggetti di quest'età. I pazienti con patologie croniche che necessitano di politerapie prolungate nel tempo, con insufficienza epatica o renale, rappresentano infatti alcune delle categorie più a rischio di interazioni. In questi casi particolari va posta attenzione anche all’automedicazione, poiché farmaci come lassativi, analgesici, antiacidi possono causare interazioni anche gravi con le terapie di base.
Maggiore è il numero di farmaci assunti dal paziente, più alta sarà la probabilità di una interazione farmacologia clinicamente apprezzabile; da un punto di vista statistico, il 13% dei pazienti che assume insieme due farmaci diversi sviluppano una interazione farmacologica. L’incidenza raggiunge il 40 per cento quando i farmaci assunti sono cinque e supera addirittura l’80% in caso di assunzione di sette o più molecole diverse.
L'identificazione, il trattamento e la prevenzione delle interazioni farmacologiche possono attuarsi tramite sistemi informatici (software) e tramite un’equipe variegata di operatori sanitari (clinico-infermiere-farmacologo) e nel limite del possibile, dovrebbero essere evitate o riconosciute al fine di garantire una corretta gestione in caso di insorgenza di Adr.
Riconoscere tempestivamente una Adr è infatti il passo più importante per non incorrere in situazioni che possono minare la salute del paziente. e che concorrono all’innesco della cascata prescrittiva.
L’approccio farmacologico nell’anziano è infatti gravato spesso da una errata diagnosi differenziale di patologia iatrogena; a causa della co-morbidità, l'insorgenza di un effetto collaterale viene talvolta interpretato come sintomo di una nuova patologia, giustificando l'introduzione di un nuovo farmaco che perpetra il danno iatrogeno, in un perverso meccanismo autoalimentante. Questo è uno dei tanti motivi per cui un paziente anziano ha un rischio di sviluppare patologie iatrogene clinicamente più severe è il doppio rispetto ai soggetti più giovani.
Strumenti utili per la gestione farmacologica dell'anziano
Esistono fortunatamente diversi strumenti finalizzati ad identificare i farmaci potenmalmente inappropriati; tra questi i Criteri di Beers
negli Stati Uniti (recentemente aggiornati dalla Società americana di geratria Ags) e i criteri Stop/Start in Irlanda e Regno Unito contestualmenté ad altre scale (Scala di Naranjo, Drug Burden Inventory, Falls Risk Increasing Drugs, scale per il risch1o da farmac1 ant1colinergici) costituiscono validi approcci per una migliore
gestione terapeutica in geriatria.
Dopo aver costatato che il numero di persone con tre o più patologie croniche a lungo termine è stimato in salita da 1,9 milioni nel 2008 a 2,9 milioni nel 2018, con costi medi socìo-sanitari intorno alle 7.700 sterline (circa 8800 euro) a persona, nel marzo 2016.
Il National institute for health and care excellence (Nice) ha pubblicato le linee guida per l'ottimizzazione del trattamento delle multimorbilità. Tra le raccomandazioni del documento "Multimorbidity: assessment, prioritisation and management of care for people with commonly occurring multimorbidity", l'interruzione di qualsiasi trattamento ritenuto di beneficio limitato, l'identificazione di farmaci a più alto rischio di effetti collaterali indesiderati, l’eventuale opzione di terapie alternative non farmacologiche con l'intento ultimo di prescrivere, sostanzialmente, meno farmaci possibile, rappresentano i capisaldi su cui puntare per tutelare la salute del paziente anziano.